“Non trascurare i discorsi dei vecchi, perché anch’essi hanno imparato dai loro padri” (Sir 8,9)
Il 1° ottobre ricorre la Giornata Internazionale delle Persone Anziane, istituita nel 1990 dalle Nazioni Unite, il cui obiettivo è quello di ricordare alla cittadinanza che è doveroso dare spazio alle persone anziane, invitandole a partecipare alla vita sociale, economica e politica del Paese.
La prima riflessione che ci porta questa ricorrenza va al ruolo degli anziani nella società che non è sempre stato il medesimo: è una percezione che si plasma seguendo i cambiamenti della società stessa, del suo approccio alla vita quotidiana e degli usi e costumi che scandiscono pensieri e comportamenti delle persone. Al di là di quale sia la percezione di ognuno è certo che gli anziani portano un’esperienza derivata dal vissuto, quindi, centrale risulta essere l’ascolto come valore essenziale per un approccio che mette al centro la persona con la sua individualità, riconoscendole valore e ricevendone in cambio conoscenza.
Poi ci sono i numeri che ci dicono che oggi in Italia ci sono 14 milioni di over 65, che diventano 7 se consideriamo solo quelli sopra i 75 anni. Una quota importante, che classifica la popolazione italiana come la più vecchia d’Europa secondo l’analisi di Eurostat, riferendosi ai dati del 2019. Rispetto al 2010 gli anziani sono aumentati di 1,8 milioni, una quota considerevole se immaginiamo che gli under 15 sono calati di 400mila unità e la popolazione è intanto cresciuta di 1,2 milioni. La sintesi dei due elementi, l’uno qualitativo e l’altro quantitativo, ha stimolato al nostro interno il confronto con altri, che come noi hanno a cuore il benessere dell’altro qualsiasi sia la sua condizione, per meglio individuare quali fossero oggi gli elementi puntuali sui quali volgere il nostro agire.
Di aiuto ci sono state le parole del Dottor Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, “𝐿𝑎 𝑠𝑜𝑙𝑖𝑡𝑢𝑑𝑖𝑛𝑒 𝑒̀ 𝑖𝑙 𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑎 𝑠𝑡𝑟𝑢𝑡𝑡𝑢𝑟𝑎 𝑠𝑜𝑐𝑖𝑎𝑙𝑒: 𝑙𝑎 𝑓𝑎𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑎 𝑒̀ 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑠𝑓𝑖𝑙𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎𝑡𝑎, 𝑠𝑒 𝑒𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒 𝑒̀ 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎𝑡𝑎 𝑎 𝑠𝑒𝑝𝑎𝑟𝑎𝑡𝑒𝑧𝑧𝑒 𝑔𝑒𝑜𝑔𝑟𝑎𝑓𝑖𝑐ℎ𝑒, 𝑝𝑠𝑖𝑐𝑜𝑙𝑜𝑔𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑒 𝑠𝑜𝑐𝑖𝑎𝑙𝑖. 𝐿𝑎 𝑠𝑜𝑙𝑖𝑡𝑢𝑑𝑖𝑛𝑒, 𝑠𝑝𝑒𝑐𝑖𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙’𝑎𝑛𝑧𝑖𝑎𝑛𝑜, 𝑒̀ 𝑢𝑛 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑑𝑜𝑏𝑏𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑎𝑐𝑐𝑒𝑡𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑓𝑒𝑛𝑜𝑚𝑒𝑛𝑜 𝑠𝑜𝑐𝑖𝑜𝑙𝑜𝑔𝑖𝑐𝑜 𝑎𝑙 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑜𝑏𝑏𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑝𝑜𝑟𝑟𝑒 𝑟𝑖𝑚𝑒𝑑𝑖𝑜 𝑒 𝑡𝑟𝑜𝑣𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑜𝑠𝑡𝑒”, che ci hanno indicato come è importante trovare degli spazi che favoriscono le relazioni e l’incontro con l’altra persona sia fra coetanei che tra generazioni diverse in modo che possa svilupparsi quella consapevolezza intrinseca volta ad un benessere collettivo.
Partendo, quindi, dalla lotta alla solitudine e a quanto stabilito dall’Oms Europa e cioè che nel decennio dell’invecchiamento attivo 2021-2030 è importante rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono agli anziani di godersi l’agognata terza età, la Diaconia Valdese ha messo in campo una serie di attività, sia sul territorio che all’interno dei propri servizi e strutture, così dette di active ageing (invecchiamento attivo) nella convinzione che sia centrale in tutti i settori e a tutte le età non lavorare per ma lavorare con, in ascolto gli uni con gli altri in una costante condizione di scambio reciproco.
La ricchezza culturale del sapere di un anziano è un immenso valore del quale ci si deve riappropriare per migliorare una società che si sfalda senza chiedersi il perché. La storia ci ha tramandato valori di libertà e diritti etici e culturali che dovranno servire per rinsaldare quell’antico legame umano pieno di affetto-solidale con gli anziani, che sono la certezza del nostro domani, e le radici della nostra stessa essenza. (Girolamo Rotolo)